Amore, sai, i ragni
hanno paura di te: sono così piccoli,
e i loro corpi chiudono spiriti
di pensieri puri, e al sangue
e ci vendi e vedi, l'animo,
che gioca, negli occhi d'un bambino
che ti porta a cena,
con la sua fidanzatina.
Pizza wüster e patatatine.
E teneramente innamorato, di lei,
la guarda, mentre paga per tre,
con i soldi, ricavati vendendo
bottigliette con il tappo di sughero,
dentro, ceci neri da piantare,
ed un nastrino, tiene arrotolato
un biglietto con scritto:
"ti voglio bene" e tu giochi con lui,
in ginocchio, per stare dritto,
alla sua visione. Io amo farlo.
Rit.
Così accucciato, vestito di sassi,
docile lasci, e così sprechi,
sprechi un ghigno, sprechi.
Per guadagnare un suo pregiudizio.
Questo, questo: il sorriso più bello,
che tu, stupido, abbia mai fatto.
Poi ti vedi, vedi bene, entri in te,
e ci vedi giallo, tutto è giallo,
e rimani disarmato. Lì fermo e scemo.
Un diamine spento, fermo e giallo.
Tu perno, perno di cielo, in un
disastro di ragazzo, ormai uomo,
luna d'un lampo, tu, aceto solo,
sei un'anello di saturno,
il bambino è il satellite
che vortica attorno,
e ti eclissi al mare,
dalla radura,
alla sabbia della spiaggia,
alla schiuma,
che si scioglie riportandosi alla riva,
entri, soffri, sfiori il fondo,
con le punte dei talloni
e bagni l'acqua, fino al sedimento,
dimorando uno spiraglio
e nuoti divorando la quiete,
con l'appetito di necessità, e, ovvio,
non ti resta che spalmarti nell'abisso.
ti viene naturale, adesso: è, neutro.
Ed io spugna, del tuo sapore,
che qui, sulla tua spalla, resto
come il falco rosso, fantasma,
d'un pellerossa, ormai pirata.
Immateriale, di toccarti, cerco.
Ma sei solo, il peloso, plaid bordeoux,
che sostituisce il mio copri materasso.
E sono ancora sola, dai, di un sicuro,
che stavolta ti giuro, non trascuro,
la consolazione, che ferisce duro,
dalle vene schizzo, e schifo mi faccio.
Oggi, non ho il rumore giusto.
Non assicuro di me, e di danni, farò
300.000 euro, questa volta.
Mi curo, ma Amore mio, sai,
del tuo eco altalente, mi ricorderò.
Nel pericolo, di starmi accanto,
tu, te ne sei infischiato,
e mi hai dato 18 spettri,
con cui, non posso fingere,
e a cui, non posso mentire,
che entrano, dalle mie finestre,
o da uno squarcio nel muro.
Salutano, girano per casa,
mi sussurrano, sul collo,
mi addormentano, le mani,
mi fanno, sentire l'odore,
della loro pace, e del loro colore,
mi strappano, i fogli, e ad ogni foglio,
un mio fumario, umore inconscio.
Quando, ogni giorno, è solo un giorno
e si preoccupano quando, pomicio
con l'usuraio-spettro, del mio morbo.
Un carillon rotto, un diamine spento,
un arco da violoncello spezzato,
un pianoforte scardinato,
hai disimparato, le melodie distorte
composte, a difetto, per piegarmi
a non lasciarti, il vuoto che ho dentro,
e che mi allieta, quando lento,
mi tocchi, lieve, gli occhi van al grigio
come quelli d'un angelo nero.
Si mischiano, alle macchie
della mia feroce, unta,
percentuale di rancore.
Un immenso, fango rancio,
da refazione al trancio, mangio,
un pasto poco gentile, vezze di sputo
e sputo nel piatto, un raccolto eterno,
fermo, alla base d'una pozzanghera,
ma tu, perfetto: capisci. Capisco.
Poi entri ed esci da me, ed io entro,
con l'ansia, di un, diamine spento.
Rit.
Così accucciato, vestito di sassi,
docile lasci, e così sprechi,
sprechi un ghigno, sprechi.
Per guadagnare un suo pregiudizio.
Questo, questo: il sorriso più bello,
che tu, stupido, abbia mai fatto.
Poi ti vedi, vedi bene, entri in te,
e ci vedi giallo, tutto è giallo,
e rimani disarmato. Lì fermo e scemo.
Un diamine spento, fermo e giallo.
Outro:
è il dodicesimo comandamento:
sii convinto sempre,
l'autoconvinzione è una scienza,
fa parte della legge d'attrazione,
"The secret" degli anticomplottisti,
massoni, Anukaki illuminati,
gli alieni rettiliani nella Nasa,
se pensi una cosa, non barare,
come fanno tutti, che si pentono
e se lo rimangiano...
Se scrivi una cosa, dilla.
Non essere incoerente,
come gli ipocondriaci,
prevenire è meglio di curare,
ma gli anticorpi sono
i nostri migliori amici,
saresti sano come un pesce,
a piedi scalzi nella giungla,
seboregolatrice dell'essere reale,
"tutto regolare", tutto regolare.
E se tu, cringe, non lo pensi,
sei un idiota professionista,
patentato in cretinologia,
cronica e patologica,
e laureato, in demenza logistica,
e pochezza, all'ennesima potenza.
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